
In molte opere letterarie e cinematografiche che raccontano di scenari distopici (es. Il Mondo Nuovo di Huxley, 1984, Idiocracy, Dottor Stranamore, Hunger Games, Matrix Revolutions..), viene dipinta in modo efficace la “penultima” maschera del potere degenerato: la maschera della farsa. La maschera della farsa è infatti una maschera buffa e grottesca, esagerata nella sua manifestazione di palese improbabilità… ma, proprio per questo, inganna con i suoi colori rutilanti chi si lascia sedurre. La farsa intrattiene e non informa, come il pettegolezzo. Veste ma non scalda, come la moda. Colpisce ma non convince, come la plastica dei chirurghi e dei bisturi. È il/la soubrette che si rifà le labbra in modo esagerato, perché in televisione… appaiono di più. Nella vita reale risultano, sì, sproporzionate… ma il punto è che la soubrette non “abita” il luogo della realtà. E noi tutti (a geometrie variabili) siamo soubrette oggi: non abitiamo (più) la realtà, ma abitiamo gli spazi virtuali, dove la finzione e la menzogna sono “all’ordine del post”, l’apparenza è modificata da filtri digitali che alterano le identità, lo spazio e il tempo. Così come virtuali sono le nostre carriere lavorative, fatte di non-lavori* che offrono servizi eterei, di relazioni mediate dalle reti, così come la comunicazione tutta, frammentata dai bit. La farsa si estende anche agli scenari di politica interna, industriali, di geopolitica… I nuovi leader sono “caricaturali” (come lo erano i dittatori del ‘900), quasi a depotenziare, con la loro apparenza comica, il potenziale distruttivo che nascondono. Oggi lo scenario geopolitico è dominato da caratteri farseschi, da modalità di comunicazione in cui si dichiarano guerre e si minacciano olocausti nucleari tramite un “tweet” su una piattaforma social… I leader sono annegati nei loro io ipertrofici, alcuni hanno deficit cognitivi, sono anziani, condannati dalla Giustizia, megalomani, impresentabili… ma continuano a mostrare il loro “faccione”, dilatato, moltiplicato attraverso tutti gli schermi. Perché, appunto, sanno che stanno abitando l’arena della farsa e non saranno mai responsabili dei loro gesti, non saranno giudicati nemmeno dalla Storia: i momenti farseschi sospendono la Storia, con la pretesa di rappresentare un’assoluta novità. Inoltre sappiamo che la Storia, per come l’abbiamo conosciuta, è finita.* Oggi, al suo posto, abbiamo un parziale allineamento di eventi che si incontrano in punti di flessione: non ci sono ideologie a legare i decenni, ma i capricci momentanei delle coscienze singole, accumunate da una moda passeggera di pensiero, di un “trend”. In fondo, la farsa è un momento di delirio condiviso tra chi si esibisce (l’attore) e chi lo osserva spesso impotente (lo spettatore). In comune c’è la sospensione della gravitas, del raziocinio, del pensiero più profondo e responsabile, della dimensione comunitaria e istituzionale… I grandi assenti sono il buon senso, i modi dell’ educazione e una costellazione di valori orientanti. Anche la farsa si ammanta di valori, ma sono valori eterei, sfuggenti, e definiti da pochissimi anni di elaborazione teorica, non sostenuti da pensieri di tradizioni più profonde che ne avrebbero o meno validato i contenuti tramite l’esperienza, e che vengono invece cancellati ad hoc. Non per questo i nuovi valori vengono ponderati con cautela, ma sono spiattellati, con un badile culturale, addosso a tutto e tutti, e non c’è possibilità di replica.
Chi anima la farsa? Chi è il grande utilizzatore? Oggi che il mondo si trova più vicino al baratro di una guerra globale e con tecnologie che potrebbero distruggere tutto… a chi può giovare l’atteggiamento farsesco? Non è più quindi possibile che la farsa sia un modo di alcuni pochi per raggiungere i loro obiettivi – come ad esempio fa la propaganda-. Sembra invece più credibile pensare la farsa come un decadimento generalizzato dei costumi, un habitus che tutti ha ricoperto, il vertice massimo della concavità creata dal potere che perde il controllo di sé stesso. Un declino collettivo della capacità di ragionamento e del vivere in modo responsabile… La farsa forse, dunque, come conseguenza di un periodo di eccessivo benessere (occidentale) materiale, di pigrizia mentale e spirituale. Un momento di trionfo di chi ha il potere (sia anche il potere dell’Io assoluto su tutti noi) e non può che scadere nel ridicolo perché non ci sono più limiti o morali a trattenerlo, a sostenerlo. Un’immagine didascalica: Nerone che appicca il fuoco a Roma e assiste, inebetito, dal balcone della sua villa, suonando la cetra che lo narcotizza. Farsa come sostanza galleggiante, senza patria, che aleggia dopo alcuni anni di dimenticanza di sé e del vivere comune. Farsa che, come nuvola elettronica nell’aria, deve causare un fulmine per riportare gravitas, per far precipitare l’acqua, far scorrere i venti e mostrare il cielo e la terra quali sono. Ma la potenza del fulmine, in questo caso, potrebbe anche coincidere con l’esito dell’opera – nucleare – dell’uomo, generata da una tecnica e scienza senza direzione né limiti, e potrebbe distruggere tutto il cielo e tutta la terra, spezzare la possibilità della ciclicità. Dalla distruzione della piccola particella elementare alla distruzione del tutto… (sarvam sarvam brahma si dice nei Veda: tutto è il Tutto.) Le responsabilità di un piccolo gesto di hubris di pochi scienziati e politici ecco che si ripercuoterebbero su quella tela comune umana che lega i destini, i luoghi, le vite… Utile sarebbe stato ricordare le tradizioni, i miti, le religioni portatrici di “limiti” funzionali all’Essere… Invece si è sacrificato (agnosticamente) molto, superato i limiti per godere, alla fine, di pochi nuovi gadget tecnologici e di qualche contenuto di intrattenimento: servi di nuovi idoli. L’umano sembra annebbiato. E, forse, senza più divinità a salvarlo, non si salverà.
*Bullshit-Jobs: https://it.wikipedia.org/wiki/Bullshit_Jobs
**Francis Fukuyama La fine della storia e l’ultimo uomo



