Due mani, umana e robotica, collaborano su un progetto tecnico. Immagine generata con il contributo di AI.

Nelle società industriali occidentali, il lavoro si è allontanato gradualmente da quello a “intensità fisica alta”, richiesto dall’agricoltura e dall’industria manifatturiera, per reindirizzarsi verso quello, piu’ variegato, dell’offerta di servizi. Dopo la terza rivoluzione industriale degli anni ’60-’70 (con al centro l’elettronica e l’informatica a servizio dell’automazione industriale) e dagli anni ’90, si è assistito, infatti, a una distribuzione del lavoro prevalentemente nel settore terziario, con ben il 70-80% dei lavoratori coinvolti nel settore dei servizi nel 2010-2020 (Worldbank). La maggior parte della forza lavoro fisica è stata poi, nei decenni, delocalizzata verso le economie emergenti , oppure acquistata direttamente dai Paesi in via di sviluppo (come Cina, Messico, Vietnam…).

Un’altra parte del lavoro fisico è stata sostituita dall’automazione industriale o resa obsoleta dai cambiamenti nella domanda di beni di consumo dei consumatori. Il lavoro si è orientato cioè verso l’offerta di servizi sempre piu’ slegati dal fattore fisico e i nuovi prodotti sembrano essersi “alleggeriti”, destinati ai bisogni sofisticati delle società avanzate: intrattenimento, servizi di comunicazione, servizi al cittadino, turismo…

In parallelo a questa transizione strutturale la digitalizzazione, dagli anni ’90, ha portato a cambiamenti ancora più radicali, soprattutto nell’ambito dei servizi: la transizione verso un dominio immateriale del lavoro e l’utilizzo massivo delle piattaforme digitali, sia per la parte organizzativa e di gestione aziendale, sia per la produzione e vendita di prodotti e servizi. La “quarta rivoluzione industriale” fa, di conseguenza, il suo ingresso alla soglia degli anni 2000 e i suoi assi portanti sono l’automazione intelligente, i big data e l’interconnessione delle macchine.

Ad oggi i servizi rappresentano quindi -almeno nelle principali economie occidentali- la maggiore categoria lavorativa. Allo stesso tempo l’estrema digitalizzazione sta ridefinendo sia i prodotti del lavoro che il ruolo del lavoratore stesso, mentre le nuove tecnologie legate all’automazione, all’intelligenza artificiale e alla robotica stanno cambiando profondamente i paradigmi base . Tutti questi elementi aprono scenari radicalmente differenti rispetto agli scorsi decenni, e gli esperti si chiedono quale sarà l’impatto di queste innovazioni sui lavoratori. Quali saranno, cioè, le conseguenze dell’automazione sul lavoro, intesa come fattore di cambiamento trasversale e multi-livello, dei contesti socio-economico e politico ?

I teorizzatori dell’automazione (AI e robotica) sembrano suddividersi in alcune macro-categorie:

Gli ottimisti

Gli ottimisti sostengono che l’automazione avverrà gradualmente, in una modalità di co-lavoro con la componente umana (co-decisione, co-collaborazione) e supporterà l’avvio di nuove opportunità lavorative, sia qualitativamente che quantitativamente, sostituendo solo le attività ripetitive e logoranti.

Le nuove opportunità lavorative per l’umano saranno legate alla gestione, supervisione e mantenimento dell’automazione delle macchine e daranno maggior spazio alla componente creativa, una volta che la parte del lavoro “ripetitivo” e “faticoso” sarà delegata alle macchine. I lavoratori dovranno apprendere nuove competenze per accedere ai “nuovi” lavori, soprattutto nelle economie avanzate, dove l’automazione sarà maggiormente applicata. È inevitabile che si creerà comunque un’asimmetria tra la formazione di base e quella elevata dei lavoratori e dei loro ruoli, come già è avvenuto negli ultimi cinquant’anni circa di sviluppo tecnologico nei settori piu’ avanzati.

Gli Stati, probabilmente, dovranno intervenire moderatamente per supportare questo passaggio (1), con strumenti di riqualificazione dei lavoratori e scivoli pensionistici per chi non potrà “adattarsi” ai mutamenti di mercato. Questa collaborazione uomo-macchina è già, in parte, riscontrabile nel settore terziario (assistenza clienti, editoria, grande distribuzione…) sebbene la valutazione globale del suo impatto resti ancora incerta.

Nell’industria, invece, come già avviene nelle fabbriche high-tech e export oriented asiatiche e cinesi e in settori logistici globali (es. Amazon), la collaborazione uomo-macchina è una realtà consolidata, con valutazioni di merito ambivalenti: da una parte, il connubio uomo-macchina sposta sull’uomo il peso di lavorare al ritmo di macchine che non percepiscono la fatica; in chiave virtuosa la collaborazione viene invece applicata presso alcune aziende automotive (es. quelle tedesche) dove i lavori più pesanti sono affidati alle macchine, mentre quelli di precisione restano all’uomo, in una logica di integrazione del lavoro più sostenibile.

Sullo sfondo dell’approccio ottimistico si stagliano anche le sfide demografiche delle economie occidentali che sembrano porre l’automazione come una soluzione necessaria (insieme all’immigrazione): in primis l’invecchiamento della popolazione, la perdita di milioni di posti di lavoro e il basso tasso di natalità.

I Pessimisti

Prevedono che l’automazione sostituirà milioni di lavoratori. Saranno necessarie sostanziali politiche sociali di supporto economico da parte degli Stati (come il reddito universale o di cittadinanza) e programmi di riqualificazione professionale per formare i lavoratori esclusi dall’automazione. Questa andrà a supportare anche il settore terziario, soprattutto attraverso la robotica applicata: una larga parte dei lavoratori “fisici” o a basso contenuto creativo non sarà integrata nel mondo del lavoro o subirà grandi disuguaglianze. (2). Alcune aree di resistenza all’uso delle macchine esisteranno ancora, per via di costi elevati di adozione o per un approccio culturale “umano” delle attività, in cui sarà percepita come preziosa la presenza umana: educazione, finanza, servizi sociali, pubblica amministrazione… Inoltre, lo sviluppo e l’accentramento dei sistemi di automazione avanzati andrà a vantaggio di poche realtà aziendali (e delle nazioni che supporteranno questi agglomerati tecnologici avanzati), che potranno costituire oligopoli o monopoli tecnico-economici rispetto alle piccole e medie imprese. Un esempio già in corso è la rivoluzione 4.0 in Germania che ha avvantaggiato le grandi imprese rispetto alle piccole-medie per via degli alti costi di ingresso necessari all’adozione delle nuove tecnologie.

A livello macro-economico potrebbe crearsi uno squilibrio se l’adozione delle nuove tecnologie non sarà accompagnata da forme di redistribuzione del reddito o di partecipazione ai guadagni di produttività: è già in corso — infatti — da 20 anni in USA e UE il fenomeno del decoupling,(3) ossia il distacco tra l’aumento della produttività e la stagnazione o calo dei salari, fenomeno che l’automazione potrebbe amplificare, causando una riduzione strutturale della domanda interna e una perdita di potere d’acquisto da parte dei lavoratori.

Entusiasti-visionari

Ipotizzano che la tecnologia dell’automazione creerà nuovi paradigmi e cornici di lavoro, nuove piattaforme di lavoro avanzate; lo strumento modellerà, per l’uomo, l’ambiente in modo imprevedibile ma positivo, cambiando le strutture di interpretazione ed esecuzione del lavoro. Ecco allora ipotizzati ambienti di collaborazione con l’intelligenza artificiale generativa e in spazi non fisici, dove il lavoratore agirà in modo digitale e delocalizzato (es. Facebook – Multiverso) (4), soprattutto per le componenti creative, individuali e strategiche. Si ipotizza l’utilizzo di digital twin o avatar ,come alter ego lavorativi del dipendente, per agire in spazi di lavoro altrettanto digitali (avvicinandosi così al settore del gaming) o di robot teleguidati per gli ambienti fisici. Ciascun utente potrà produrre contenuti digitali (content creator continuativo), come già fanno intuire i milioni di lavoratori del settore dei social. Le piattaforme di contenuti (Youtube, Instagram, TikTok…) generano reddito tramite meccanismi pubblicitari o di abbonamenti.

Il lavoro perderebbe cosi’ la sua centralità per l’identità sociale del singolo (in chiave di carriera personale e ruolo sociale) e diventerebbe una forma di integrazione al reddito, di ampliamento della propria rete di “influenza”, con una possibile riduzione dei giorni settimanali dedicati al lavoro (come teorizzato recentemente da Bill Gates) (5), o traslando verso lavoro inteso come on-demand, sicuramente freelance.

Alcuni scenari più estremi vogliono, in un futuro remoto, che le macchine stesse diventino oggetto (necessario) di tassazione… per finanziare i redditi universali destinati a chi, umano, non sarà più integrato nell’ ambiente lavorativo. Alle macchine spetterebbe, anche per questo motivo, una personalità giuridica -fiscale, oltre alla possibilità di svolgere acquisti (soprattutto di “non oggetti” digitali) o di investire in equity di aziende, in azioni e titoli di borsa. Questo scenario, oggi, con l’avvento di un’ AI avanzata … sembra meno remoto rispetto ad anni fa.(6).

In tutti i casi, realistici o futuristici, la dinamica del mondo del lavoro dovrà confrontarsi con alcune macro-direttrici economiche, sociali e antropologiche durante l’integrazione dell’automazione: l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’età media nelle economie occidentali, la tendenza ad ritardare l’età pensionabile, l’utilizzo crescente di risorse per convertire digitalmente l’economia (terre rare, acqua), l’alto consumo energetico dei centri di elaborazione dati e l’irriducibilità parziale del fattore fisico nel mondo materiale, in particolare nelle produzioni agroalimentari e industriali (es. legate alla costruzione). Queste produzioni, in alcuni settori dell’economia o in determinati Paesi a basso costo di manodopera, dovranno continuare a generare prodotti necessari per il sostentamento.

E’ quindi interessante domandarsi se questi cambiamenti saranno diretti da spinte di mercato, da direttive governative o… saranno elaborati in modelli ibridi pubblico-privato, come vengono attualmente gestiti alcuni asset strategici nazionali. È prevedibile che alcuni Stati si occuperanno di guidare questi cambiamenti, aggregando i grandi monopoli industriali e tecnologici alla strategia geopolitica, generando dei binomi potere-tecnologia (come recentemente avvenuto per gli USA con il governo Trump-Musk https://peripatetico.net/2025/02/21/il-duo-alla-guida-dellimpero/).

Si può anticipare che alcuni Stati adotteranno l’automazione su larga scala, mentre altri non avranno le risorse tecnologiche e strutturali per affrontare questo “aggiornamento”. L’ automazione rappresenterebbe dunque una nuova frontiera di disuguaglianza tra Paesi ricchi e poveri; basta pensare che, per alcune economie africane e asiatiche che non hanno ancora effettuato una conversione alla seconda rivoluzione industriale, trovarsi a dover adottare una quarta rivoluzione industriale potenziata dall’IA — con altissimi costi di ingresso — potrebbe rivelarsi impresa quasi impossibile.

1. Da questa premessa derivano alcune iniziative europee, ad esempio la European skills agenda 2020, per favorire la riqualificazione delle competenze dei lavoratori https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1223&langId=en

2.https://news.mit.edu/2020/study-inks-automation-inequality-0506?utm

3.Secondo il “Rapporto mondiale sui salari 2024–2025” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), nei paesi ad alto reddito, la produttività del lavoro è cresciuta del 29% tra il 1999 e il 2024, mentre i salari reali sono aumentati solo del 15% nello stesso periodo

3.1 La recente remotizzazione del lavoro (soprattutto dopo la pandemia del 2020) e l’introduzione dell’intelligenza artificiale “di largo consumo” con i modelli di Large Language Model come ChatGPT, DeepSeek o Navigator di Google hanno aggiunto un fattore ulteriore di radicale cambiamento.

4.https://economictimes.indiatimes.com/news/international/global-trends/ai-will-cut-your-workweek-to-2-days-says-bill-gatesbut-warns-it-may-shrink-your-paycheck-too/articleshow/119611142.cms?from=mdr

5.https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/avatar-e-business-ecco-i-mestieri-piu-richiesti-nel-metaverso/

6.https://it.wikipedia.org/wiki/Robot_tax?utm

Una rappresentazione dei settori soggetti all’automazione

Industria, servizi ad alto impatto da parte dell’automazione

SettorePerchéCome
Logistica e magazziniCompiti ripetitivi, standardizzabili (es. Amazon)Automazione netta
Manifattura baseMacchine già presenti, ora si passa ai robot intelligentiAutomazione netta
Call centerChatbot e IA sempre più avanzateAutomazione netta
TrasportiVeicoli autonomi (es. taxi, camion) in arrivoTransizione veloce

Servizi, consumi- a basso impatto da parte dell’ automazione

SettorePerchéCome
SanitàIl fattore umano è cruciale, la tecnologia supporta Collaborazione forte
EducazioneServe empatia, personalizzazione, guida umana Collaborazione forte
Creatività e designL’IA può aiutare, ma la creatività resta umana Collaborazione forte
Agricoltura di precisioneUmano decide, tecnologia agisceCollaborazione utile
Professioni legali/contabiliL’IA analizza dati, l’umano decideMista (rischio in parte)

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